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Come sono lontane le immagini dei soldati americani giunti a liberare l’Europa dal nazismo, come sono distanti quelle jeep dalle quali volavano sigarette, cioccolato e chewing-gum. Oggi solo immagini terribili di bombardamenti, rastrellamenti, morti dilaniati sull’asfalto, prigionieri con lo sguardo carico di paura per il futuro e per le torture subite dai “liberatori”. Qualcuno ha provato a spiegare che andavamo a “liberare” l’Iraq, ma noi non ci abbiamo mai creduto, ed il tempo - ogni giorno che passa - ci dà sempre più ragione.
Dall’altra parte odio, centellinato ed esploso secondo una logica politica raffinata, pragmatica e finalizzata ad ottenere il massimo risultato con il minimo sforzo. Pochi attentatori e una dozzina di zainetti colmi d’esplosivo hanno spostato gli equilibri politici europei, mentre con quattro aerei dirottati ed una ventina di attentatori suicidi il pianeta aveva già cambiato era.
Perché tanto odio e tanta determinazione nel colpire? Perché nasce Al-Quaeda e l’Occidente precipita nel terrore? Perché la guerra, da anni, è la prima notizia d’ogni telegiornale?
Partiamo dal presupposto di avere tutte le ragioni e confiniamo nell’errore assoluto chi ci attacca. E se così non fosse? E se le responsabilità di quanto sta accadendo fossero più vaste di quanto sappiamo od immaginiamo? E’ conveniente rispondere all’attacco con la guerra o ci possono essere altri mezzi per sanare il problema? E, soprattutto, quali sono le ragioni della disputa?
Oriente ed Occidente si sono combattuti per millenni ma, allo stesso tempo, hanno dialogato in moltissime occasioni: gustiamo cibi esotici e ci curiamo con l’agopuntura, acquistiamo l’energia dall’Oriente e vendiamo in quei mercati i nostri prodotti.
Se andiamo un po’ più indietro nel tempo incontriamo sì pirati saraceni e Crociate, ma anche algebra, astronomia, alchimia, letteratura e filosofia che giunsero dall’Oriente.
In nome di quale Dio combattersi? Nessuno, perché non esiste testo religioso che sobilli alla distruzione. In nome del dio denaro? In parte sì, ma solo in parte, giacché la mancanza di mercati per le merci occidentali conduce alla necrosi degli apparati produttivi europei ed americani.
Se invece proviamo ad analizzare gli equilibri di potenza nell'area, i frutti del colonialismo ed oggi l'evidente volontà di controllare con la forza la principale area petrolifera del pianeta, tutto appare più chiaro: lo "scontro di civiltà" è solo il riflesso della contesa economica e strategica, non la fonte del dissidio.
http://www.malatempora.com/catalogobello.htm