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Maneggiate con cura

 

Con lo zelo messo in atto dal governo Berlusconi per riformare l’intero Stivale c’è da meravigliarsi se, aprendo le imposte, tutto appare ancora come il giorno precedente.

Scuola, giustizia, lavoro, infrastrutture, ordinamento dello Stato, trasporti: tutto nuovo, immacolato, vergine.

Adesso sì che possiamo dichiarare d’aver lasciato finalmente alle spalle il tetro mondo del catto-comunismo internazionale, delle metastasi che partivano da Mosca e dal Vaticano per tessere le loro trame nella terra dei Santi, dei Poeti e dei Navigatori.

In questi lunghi anni, trascorsi all’ombra protettiva del Cavaliere, siamo stati informati dalla TV che tutto stava mutando: per fortuna – nella prassi quotidiana – non ci siamo accorti di niente.

Oddio, se ne sono accorti quelli che maneggiavano denaro, dalla city londinese fino al mercato rionale della Garbatella, ma non c’è da preoccuparsi troppo: negli anni di governo del centro destra pochi sono riusciti a maneggiare denaro.

Ciò che più ci preoccupa non sono gli indici economici – che affermano che siamo andati all’indietro come i gamberi – bensì che quel poco che ancora rimane di “non riformato” sia rivoluzionato durante la campagna elettorale.

Chi scrive gode di un orizzonte assai angusto; purtroppo, insegnare in un liceo di provincia non è il massimo per avere una buona visibilità su dove sta andando il paese, ma qualcosa si può osservare anche da lì.

La grande riforma Moratti speriamo che non porti gli stessi risultati che ha il cognato ha regalato all’Inter in anni di gestione munifica e d’ampio respiro. Di sospiri di sollievo – Ronaldo e gli altri miracolati del gran circo interista – ne hanno tirati parecchi, grazie alle decine di milioni incassati, un po’ meno i tifosi.

Nella scuola italiana la ministra Moratti ha pochi estimatori: anche i componenti della commissione Bertagna – incaricati d’andar oltre al dettato di Gentile (1926) – hanno finito per abbandonare la mamma-ministro. Una mamma un po’ arcigna: sorridente di fronte alle telecamere e sorda come un tricheco ai dubbi che sorgevano dal mondo della scuola.

Qualcosa del genere hanno dovuto sorbirlo i magistrati, ai quali è già toccato d’ingoiare l’amara pozione: bisogna essere onesti, e riconoscere che a noi insegnanti – a confronto del ministro Castelli – è andata meglio.

Il buon ministro del Lega-pensiero ha sciorinato un ritornello che è un gioiello di perfezione istituzionale, una rotaia di dirittura morale, un’incudine di sapienza giuridica calata con garbo sul cranio di procuratori e pubblici ministeri.

«Il Parlamento, sovrano, fa le leggi ed i magistrati le applicano». Punto e basta.

Potremmo scomodare Tocqueville e la “dittatura della maggioranza”, ma riteniamo che sarebbe fiato sprecato portare il dibattito su questi livelli: restiamo bassi, che è meglio.

Ciò che colpisce – nell’impeto riformatore degli ultimi anni – è la volontà di sovvertire, rivoluzionare, modernizzare, rivoltare, rinnovare, ribaltare la nostra vita di tutti i giorni. Domandiamoci: ma è proprio necessario?

Se tutto ciò che ci circonda fosse da rivoltare da capo a piedi, nel Bel Paese non funzionerebbe più nulla: gli spazzini getterebbero l’immondizia nelle case, i contadini arerebbero il cielo ed i marinai pretenderebbero di pagare il pedaggio autostradale a bordo di un rimorchiatore.

Per fortuna così non è, e quel poco d’istruzione, giustizia e sanità che riusciamo ancora ad avere dipende da un solo fattore: il bieco conservatorismo di medici e avvocati, professori e poliziotti che continuano a visitare pazienti ed arrestare chi corre a 150 Km l’ora senza patente.

Allo stesso modo, gli operai di Torino continuano a costruire Panda e Punto, e quelli della Parmalat ad insaccare mozzarelle. Oddio, lo farebbero con maggior piacere se la FIAT non fosse diventata un pacco postale che le grandi holding finanziarie e dell’auto usano come una pallina da ping-pong, mentre i dipendenti Parmalat sarebbero più sereni se nessuno falsificasse le fideiussioni delle grandi Banche d’affari americane con uno scanner.

A dire il vero m’era venuta la voglia di diventare medico o d’avere i gradi d’Ammiraglio di Squadra: lo scanner l’ho anch’io e non è poi così difficile falsificare una laurea od un tesserino militare. Il problema inizia dopo, quando devi curare una polmonite o far entrare in porto un incrociatore, ma a questo lo staff Parmalat non aveva pensato, giacché i frutti dei “trucchetti allo scanner” li avrebbero goduti i possessori dei bond.

Nonostante queste trascurabili defaillance, la barca nazionale ha continuato a veleggiare: a ranghi ridotti, trascinandosi un’ancora nella scia, ma ha cercato – come poteva – di arrivare in porto.

Come ha fatto? Oh bella, perché ogni mattina gli operai hanno continuato a varcare i cancelli delle fabbriche, gli insegnanti hanno iniziato la giornata con l’appello, gli spazzini hanno pulito le strade. Si poteva far meglio? Certamente, ma uno scanner era – in questi frangenti – di scarso aiuto.

Il grande problema di tutti i rivoluzionari risiede proprio in questa apparente contraddizione: come riformare senza stravolgere? Come gettar via l’acqua sporca del bagnetto salvando il bambino? Se n’accorse addirittura Lenin, che dovette applicare la collettivizzazione forzate delle terre (perché era nel programma del PCUS) rendendosi conto che non c’era in quel momento – per la nascente URSS – provvedimento più sciagurato.

Gli ultimi stalinisti pare che allignino oggi proprio a Roma, fra viale Trastevere ed il ministero di Grazia e Giustizia: sappiamo che stiamo combinando asinate colossali, ma la facciamo lo stesso perché dobbiamo dimostrare che sappiamo stare in sella. Cazzeggio, ergo sum.

Il rischio, di per sé, non sarebbe tremendo: da Cavour in poi l’Italia ha saputo sopportare ben altro, però potremmo essere vicini al punto d’aver fatto il pieno di cazzate.

Se i magistrati hanno protestato a lungo per una riforma che ritenevano insulsa, e dannosa più che inutile, lo avranno fatto perché desideravano continuare come prima a smazzare anni di galera a destra ed a manca, senza nessun controllo?

A dire il vero, quasi tutti i magistrati hanno puntato l’indice contro il male principe della giustizia italiana, ovvero la lunghezza dei processi, ma di questo trascurabile problema – che trascina un processo per un incidente stradale per vent’anni – pareva che alla maggioranza di governo non importasse un accidente.

Siccome i magistrati sono “antropologicamente disturbati” (parola dell’UdS[1]) la cosa più importante era farli passare sotto le forche caudine di un buon strizzacervelli, magari nominato dal governo in carica, così si evita che i più “disturbati” possano indagare su cose strane come il falso in bilancio, la concussione, la corruzione e scoprano magari chi “sistema” i bilanci con uno scanner.

Di per sé, nemmeno questa è una novità costituzionale: l’esito delle elezioni del 2000 negli USA fu deciso – in definitiva – dai giudici della Corte Suprema, che nell’ordinamento statunitense sono nominati dal Presidente.

In quel caso, erano stati nominati da Bush I il Vecchio, ovvero dal padre di uno dei contendenti: non ci sembra proprio un miracolo d’architettura costituzionale, così come il sistema elettorale americano – che si basa ancora sul concetto del “grandi elettori” – era in uso in Europa agli inizi dell’età Moderna per l’elezione degli Imperatori ed è stato abbandonato ovunque con le moderne costituzioni.

In sostanza, per copiare bisogna saper copiare e, soprattutto, saper adattare cosa si attua sotto cieli lontani “portandolo” in casa propria, che è più difficile da mettere in pratica di quanto si pensi.

Se, per la giustizia, ci è parso d’intendere che il risultato da ottenere fosse il controllo dei giudici “antropologicamente disturbati”, per la scuola non si capisce proprio dove si vuole andare a parare.

Nel gran “contratto con gli italiani” Berlusconi promise di riformare la scuola con le tre famose “I”: Internet, Impresa ed Inglese; chi può affermare che sia sbagliato?

Purtroppo, ci fu subito una telefonata di Tremonti alla Moratti: «Oh, bella: ricordati che dalla gestione del tuo ministero io voglio risparmiare tot miliardi!» Pare che la ministra – a fronte della richiesta “creativa” del commercialista di Sondrio – volesse sbattere la porta ed andarsene, ma l’esperienza insegna che nel gran circo berlusconiano si sbatte la porta con molta grazia e si rimane incollati alla poltrona. Lo fece sul serio il primo ministro degli esteri – Ruggiero – ma quella è gente di un’altra pasta, forse un po’ “antropologicamente disturbata”.

Le tre famose “I” rimasero quindi nel cassetto, perché bisognava – inoltre – trovare ogni anno qualche centinaio di milioni per la scuola privata, come recitava un altro “contratto”, quello elettorale con la CEI e l’UDC.

Dal 2001 sono drasticamente calati i fondi destinati all’acquisto dei laboratori informatici, e senza computer è molto difficile realizzare la scuola di Internet: forse, visto che siamo un popolo ricco di telefonini – come afferma il Silvio nazionale – potremmo tentare d’esplorare il Web con gli SMS.

Il colpo di grazia finale – comunque – è arrivato con i quadri orari della riforma: nei Licei Classici e Scientifici è sparita qualsiasi attività o materia che riguarda specificatamente Internet e l’informatica di base. E’ rimasto il vecchio PNI (Piano Nazionale Informatico) che – con il poco tempo a disposizione degli insegnanti di Matematica – si risolve in qualche “toccata e fuga” nel laboratorio informatico durante i cinque anni di corso, con risultati didattici praticamente nulli.

Anche per l’Inglese le cose non sono andate molto meglio, visto che le ore d’insegnamento sono diminuite anziché aumentare: sarà un altro “miracolo” di Berlusconi quello d’imparare meglio la lingua con meno ore a disposizione?

Per l’impresa, invece, comprendiamo la saggezza del Governo: siccome negli anni di regno del centro-destra l’imprenditoria italiana è andata molto vicina alla totale estinzione – perdendo competitività e mercati, e scivolando nelle classifiche internazionali in basso, veloce come un bob a quattro – non è poi il caso di scaldarsi troppo per insegnare (come, poi, era tutto da verificare…) qualcosa che ormai fa parte solo più della nostra Storia. Al massimo, si potrà segnalare il fenomeno al WWF per la salvaguardia delle specie in via d’estinzione.

E’ oramai lontano il luglio del 2001, quando – d’impeto – il Governo cancellò la seconda parte della riforma Berlinguer, quella che prevedeva gli organici funzionali in relazione ai Piani dell’Offerta Formativa: in sostanza, l’organico dipendeva da cosa il Collegio dei Docenti decideva di proporre.

La riforma Berlinguer – anch’essa per alcuni aspetti lacunosa – affidava ai Docenti una sostanziale autonomia nel determinare le offerte formative da proporre a genitori e studenti: ciò significava che nella stessa scuola potevano convivere indirizzi diversi. Un atteggiamento diametralmente opposto a quello dell’autoritaria Moratti, e perfettamente in linea con il diktat castelliano: «Il parlamento decide senza consultare nessuno, i sudditi obbediscono». Peccato che, quei “nessuno”, siano proprio quelli che devono mandare avanti la baracca.

C’era un principio di democrazia alla base delle scelte di Berlinguer: pur mantenendo gli insegnamenti basilari (Italiano, Matematica, ecc.), anche nel più sperduto istituto di provincia si poteva scegliere se inserire più Inglese od introdurre lo studio del Diritto, se ampliare le Scienze o l’Informatica.

Siccome ogni scuola superiore ha più sezioni – in quel caso leggermente differenti l’una dall’altra – c’erano maggiori probabilità d’incontrare materie per le quali s’aveva maggior interesse.

Oggi, con i quadri orari scesi dall’alto, il potere politico torna a calare prepotentemente l’accetta su ogni forma di decisione dal basso, e non si comprende proprio come potranno essere gestite le poche ore degli insegnamenti opzionali. Come si determinerà l’organico?

La ciliegina sulla torta, però, l’ha già inserita la Corte Costituzionale (anch’essa, probabilmente, “antropologicamente disturbata”) laddove ha affermato che non si può prevedere in una legge – stesa quando le regioni erano governate dal centro-destra – il “coinvolgimento” degli Enti Locali, per poi fare precipitosamente marcia indietro quando si perdono rovinosamente le elezioni amministrative (e si teme dagli Enti Locali un probabile “pollice verso”).

In sostanza, un governo morente impone ai docenti – già nell’a.s. 2005/2006, ovvero fra pochissimi mesi – di preparare le offerte formative per l’a.s. 2006/2007 sulla base di una riforma osteggiata dai docenti, già cassata dalla Suprema Corte, incompresa ed in larga misura incomprensibile, piena di lacune e senza che chi doveva essere consultato sia riuscito a dire la sua: un disastro su tutta la linea.

Eppure – nonostante le richieste della CGIL, ed ora anche della CISL, di riflettere un attimo prima d’imbarcarsi in un’avventura della quale non s’intravedono esiti positivi – si andrà avanti come un treno che corre superbo contro i respingenti di un binario morto perché, dalla “ridotta di Salò” nella quale si è oramai rifugiato l’attuale governo, non è più possibile tornare indietro.

Come ricordavamo, il problema è quello di non “rompere” il “giocattolo” Scuola, così come la Giustizia o la Sanità perché, a forza di dare mazzate a destra ed a manca, anche l’italico “stellone” potrebbe tramontare e tutto finirebbe per andare drammaticamente in pezzi.

Purtroppo, sembra che la vita quotidiana degli italiani – a Palazzo Chigi e dintorni – appassioni assai poco, almeno non quanto la guerra in Iraq o le sentenze dei tribunali milanesi.

Après de moi le déluge: speriamo che le acque si ritirino in fretta.


 

[1] UdS: Unto dal Signore

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